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Tornei di poker e casinò: l'asincronia di due modelli di business totalmente diversi

09 gennaio 2017 - 15:02

Tornei di poker e casinò: l'asincronia di due modelli di business totalmente diversi che viaggiano a velocità diverse. 

Scritto da Cesare Antonini

Lungi da me e da noi essere populisti. Che brutta parola. Ormai inflazionata e che sta assumendo i contorni più di un malessere sociale che di un’opportunità reale di cambiare le cose a livello nazionale.

Tuttavia non possiamo non sottolineare l’evidente scollamento dalla gestione dei casinò italiani con gli attuali modelli privati di business. Sarebbe troppo facile dire: è tutta colpa del sindacato! Vogliamo cercare di non scendere nella banalità, nel populismo, come dicevamo prima. Ma alla fine ci viene da pensare che alcuni interessi legittimi e posizioni lavorative acquisite negli anni sono ormai decisamente anacronistiche rispetto al presente. Per non parlare del futuro che ci aspetta. 

Voi direte, sì ma cosa c’entra il poker? C’entra eccome. Se pensiamo a quello che stiamo vivendo nelle sale da gioco italiane in rapporto con i tornei dal vivo ci rendiamo conto come ci siano alcuni giochi, alcuni business e alcune organizzazioni private che viaggiano a velocità diverse. Per fare tornei, accogliere migliaia di giocatori che poi riversano ricchezza nelle strutture autorizzate italiane ci vogliono strutture snelle, contratti di lavoro flessibili. I giochi di un tempo sono finiti. Il poker non vuole dare lezioni a nessuno ma siccome con l’hold’em siamo abituati a girare il mondo, ci rendiamo conto di come le strutture di casa nostra non possono continuare a viaggiare ad una velocità ridotta come carrozzoni appesantiti da suppellettili inutili e da rottamare. 
Oddio, un altro brutto termine, rottamare. Ma, purtroppo, la sensazione è che ad essere rottamate dovrebbero essere le mentalità di parte del management e dei dipendenti. Sia chiaro: i diritti dei lavoratori sono sacrosanti. Ma non può sempre e comunque arrivare ‘papà Governo’ o ‘mamma Regione’ e salvare con la ‘mancetta’ (bell’eufemismo ovvio) i debiti del figlio viziato. 
Bisogna cambiare marcia. All’estero tutto questo non accade. Anzi. Modelli privati di eccellenza si mostrano innanzi ai nostri occhi come monito per il futuro delle nostre case da gioco troppo arroccate su linguaggi arcaici nel mondo del lavoro e nella società moderna. 
Se poi uno sciopero ha l’effetto di far guadagnare addirittura più soldi ad un’azienda allora il cerchio si chiude: signori non scherziamo, c’è chi ha davvero vinto una rendita ‘Win for life’ e non se ne rende conto. Ma, ripetiamo, i soldi non arrivano dal cielo come una manna, per grazia ricevuta. I soldi bisogna incassarli! Bisogna lavorare. I tempi stanno cambiando, anzi sono cambiati da tempo. Forza!!

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