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Liquidità condivisa poker online: la piattaforma di Stato non ha senso, ecco perché

11 dicembre 2017 - 16:37

La liquidità regionale di poker online in Italia rischia di saltare ma la piattaforma unica di Stato non ha proprio senso. 

Scritto da Cesare Antonini

Passino i problemi "politici", ci sta una maggiore prudenza come auspicato su queste pagine da alcuni deputati, passi anche il timore del riciclaggio di denaro anche se sarebbe proprio questo il sistema per evitare dispersioni e distorsioni di questo tipo: ma la storiella della piattaforma unica di poker online proprio non sta né in cielo né in terra.
La voce è circolata nei giorni scorsi tra le solite "gole profonde" del settore e non è però nota la fonte, né la provenienza. E' evidente, però, quanto sia irrealizzabile un provvedimento del genere che non garantirebbe nessuna garanzia in più ma causerebbe una serie di problemi che andiamo qui ad elencare.

 

Altra premessa: non andrebbe neanche esaminata un'ipotesi del genere ma siccome si inizia a parlare un po' a vanvera di questo tema che su queste pagine ed insieme ad altri stimati colleghi seguiamo da ormai anni, forse è bene mettere ordine.
Che ci siano problemi, ritardi ed indecisioni, lo ripetiamo, è noto a tutti e lo abbiamo detto e scritto in tempi non sospetti. Non per ambire al ruolo di "Cassandra" ma perché tastavamo il polso del settore e i "battiti" dicevano quello.
 
Che sono prontissimi gli altri Stati è vero in parte: cioè la voglia, l'intenzione, l'obiettivo c'è. La convinzione pure. E l'Italia, che aveva trainato il progetto, ora sembra aver mollato la testa del gruppo per la pressione di alcuni politici poco convinti e, le teorie del "gombloddismo" dicono finanziati da alcuni operatori "punto it" che non avrebbero l'interesse ad aprire le frontiere. Sottolineiamo un aspetto: non è solo un operatore a remare contro, qualora fosse vero e provato (se qualcuno ha un elemento certo e concreto, lo pubblichi), ma almeno 2 o 3. Il timore non è per il piccolo "orticello" che lo stesso poker italiano ormai rappresenta rispetto alla "torta" complessiva del gambling online. Le sfere della competitività sembrano allargare gli orizzonti a problematiche più globali. Insomma dal poker ad altri giochi il passo è breve e poi se le liquidità si dovessero fondere davvero ad andare in difficoltà potrebbero anche essere altri prodotti.
Ma torniamo a "bomba". Perché la piattaforma unica è un'ipotesi impraticabile? In realtà la definirebbero molto meglio delle parafrasi fantozziane o forse una citazione dal più attinente film cult "Febbre da Cavallo" per bocca del personaggio interpretato da Enrico Montesano. Ma non crediamo si possa arrivare a tanto per cui glissiamo.
Secondo questa ipotesi Sogei dovrebbe alzarsi un giorno e dire alle room attive adesso in Italia: ok ora rimanete pure nel vostro orticello che alcuni di voi avete coltivato piuttosto bene o che comunque tenete a coltivare tra le vostre mura, che noi apriamo una poker room "di Stato" dove far giocare i players che vogliono confrontarsi con l'Europa. In questo modo, in pratica, non solo si affosserebbero le room di casa nostra che hanno pagato concessioni, tasse e rake dal 2008 a questa parte, ma si darebbe un calcio proprio al regime autorizzatorio/concessorio che l'Italia ha sempre difeso a spada tratta sia nel betting quanto negli altri "verticali" di gioco.
E chi giocherebbe più sulle room confinate in Italia?
Chi ha lanciato questo "progetto" non ha minimamente tenuto in considerazione il pensiero degli altri Stati membri regolati che vogliono partecipare al mercato condiviso e che, non a caso, hanno rilasciato più licenze (vedi la Spagna) o regolato maggiormente il proprio framework normativo (vedi la Francia mentre il Portogallo ha lavorato in tutti e due i sensi). Prendiamo l'esempio di PokerStars, o Winamax che ha acquisito una concessione in Italia investendo già qualche centinaio di migliaio di euro più la sponsorizzazione di Mustapha Kanit. Queste due room sono già presenti in tutti e 4 i Paesi (PokerStars) o stanno investendo per competere (Winamax). Si stavano rivitalizzando in Italia altri due brand come 888 Poker e partypoker. Questo raffreddamento frenerebbe questi nuovi investimenti dall'estero.
Tutto questo significa che se dovesse passare l'ipotesi di piattaforma unica non solo si ucciderebbe il poker in Italia ma anche all'estero. Attualmente se partisse solo l'Italia con, ipotizziamo, "sogeipoker.it", anche gli altri Stati dovrebbero uniformarsi. Ma, per chi non avesse ancora capito, la liquidità di poker online si basa non solo a livello normativo, ma soprattutto a livello tecnologico. I players giocherebbero online sulle room che hanno licenze in tutti i Paesi o in alcuni di quelli che partecipano alla liquidità regionale. Tanto per essere chiari, attualmente PokerStars, iPoker Playtech e altre realtà potrebbero offrire tavoli condivisi sin da subito avendo una piattaforma tecnologica unica su cui unire i players una volta sbloccati i canali a livello normativo. Gli Stati devono creare l'impianto di condivisione, poi, a vari livelli saranno le room a competere coi loro network, col marketing e con altre leve competitive.
Una room "statale" non servirebbe proprio a niente. Anzi, oltre ad essere irrealizzabile, produrrebbe tutti gli effetti negativi di cui sopra. E se l'obiettivo è avere maggiore gettito erariale e più controllo a livello di antiriciclaggio e in merito alla protezione del consumatore, la liquidità regionale era e rimane l'unica via per rivitalizzare un gioco destinato a scemare sempre di più al chiuso degli steccati nazionali.
Ultima cosa da ribadire: non si tratta di allargamento dell'offerta ma di rivitalizzazione di un settore che vede fuggire all'estero players e capitali oltre ad un adeguamento della gestione di un prodotto di gioco che nasce per essere condiviso in tutto il mondo del web.

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