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Fuoco&Partners: 'Operazione All in? Battaglie vinte ma aspettiamo l'Ue per il trionfo'

15 settembre 2014 - 14:15

Dopo aver appreso, nella serata di ieri, la notizia della vittoria del player italiano Roberto Masullo nella causa promossa contro il fisco, con sentenza favorevole della Commissione tributaria regionale di Roma (pubblicata sul quotidiano economico Italia Oggi Sette), abbiamo contattato uno dei professionisti che ha curato la difesa di Masullo e ottenuto questo successo, che rappresenta un'ulteriore boccata d’aria per tutti i poker pro coinvolti nella ormai nota operazione 'all in'.

Scritto da Ca
Fuoco&Partners: 'Operazione All in? Battaglie vinte ma aspettiamo l'Ue per il trionfo'

 

Si tratta di Nicola Fuoco, tributarista dello studio “Fuoco & Partners Consulting”, che sembra particolarmente a suo agio nelle vicende legate alla tassazione delle vincite all’estero, avendo pubblicato sull’argomento diversi articoli di settore sui quotidiani specializzati. 

Partiamo dal risultato ottenuto che avrà fatto contenti tutti i pro italiani: "E’ stata una “battaglia”, se così la vogliamo chiamare, molto dura ma allo stesso tempo ricca di soddisfazioni. Ne approfitto per ringraziare i due colleghi difensori che hanno affrontato con me questo percorso, entrambi professionisti dello studio Fuoco & Partners, ossia Benito Fuoco, fondatore dello studio, e Francesca Di Vetta".
Ci spieghi, a grandi linee, come si è svolto questo processo e il percorso che avete fatto per arrivare a questo risultato
"Il processo tributario si compone di vari step. Nel primo grado, in commissione provinciale, il nostro ricorso non è stato accolto. Allora abbiamo proposto appello contro la prima sentenza, rivolgendoci al secondo grado (la Commissione regionale) e in questa sede ci è andata decisamente meglio! Vittoria completa e annullamento di tutto il carico fiscale e le sanzioni irrogate".
Quali sono, in sintesi, i punti a favore che hanno portato alla vittoria? "Senza scendere in tecnicismi, precisiamo che le vittorie riguardavano somme vinte in casinò europei. Il motivo che ha portato all’annullamento riguarda le norme europee che tutelano la libera erogazione dei servizi nei paesi dell’Unione. Infatti, come noto, le vincite ottenute nei tornei di poker organizzati nei casinò italiani non vengono tassate direttamente in capo al vincitore, che incassa perciò la somma netta, senza subire ritenuta diretta. La tassazione è assolta dal casinò sul “rake”, sulla raccolta, e non sulle vincite. Perciò, tassare una vincita ottenuta in un casinò europeo significherebbe discriminare il casinò europeo rispetto a quello italiano". 
Ossia? In parole povere? "Il player tenderebbe a preferire l’azienda italiana (il casinò italiano) piuttosto che, ad esempio, un’azienda spagnola (tipo il casinò di Barcellona), perché il montepremi che vince in Italia lo porta a casa interamente, al netto di decurtazioni, mentre il montepremi vinto all’estero dovrebbe essere sottoposto a tassazione e quindi decurtato (secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate). Una tale interpretazione delle norme, secondo noi, viola le norme europee e la Commissione regionale del Lazio (e altre commissioni prima di essa) si è uniformata a questa lettura". 
A questo punto, la questione per tutti i poker pro che hanno vinto somme in Europa può considerarsi risolta?
"Purtroppo non posso affermare con certezza una cosa del genere. Intanto, il caso di ogni singolo poker player deve essere valutato a sè stante, in base alle caratteristiche dei diversi avvisi di accertamento ricevuti, che non sono tutti uguali. In più, se il processo tributario è già iniziato, l’esito può dipendere da come sono stati impostati i ricorsi in commissione tributaria, dai motivi che sono stati eccepiti e dalla strategia processuale adottata".
Ma se già diversi giudici hanno accolto i ricorsi, ci sono buone speranze: "Le speranze ci sono, ma c’è da dire che le sentenze tributarie creano un precedente favorevole, ma non vincolano altri giudici a decidere in maniera conforme. E poi, come ho già detto, molto dipende dalla strategia processuale e dai motivi svolti nei ricorsi presentati".
Quali pensa che possano essere gli scenari futuri? "Ritengo che la parola fine alla vicenda la possa mettere la Corte di Giustizia Europea, a cui si sono rivolti alcuni players italiani e che sembrerebbe orientata, analizzando dei precedenti simili, ad accogliere la tesi favorevole ai contribuenti. Una sentenza della Corte di Giustizia Europea esplicherebbe i propri effetti per tutti i players che hanno vinto somme in Europa".

Che cosa può dirci, invece, in merito alle somme ottenute oltre oceano? C’è speranza anche in questo caso o non resta che pagare? "La situazione al di fuori dell’Europa è completamente diversa. Ad esempio, negli Usa viene applicata una ritenuta fiscale direttamente sulle vincite. La questione in tal caso si deve regolare in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra gli Stati Uniti e l’Italia. In questo caso, a mio parere, si devono dichiarare le somme al fisco italiano, chiedendo allo stato Usa il rimborso della ritenuta subita".
Quindi per i player che hanno ricevuto accertamenti per vittorie Usa non c’è speranza. "Premesso che le tasse devono essere sempre pagate, al contempo è giusto anche che il contribuente riceva la tutela dei propri diritti. Potrebbe succedere, per ipotesi, che l’avviso di accertamento presenti qualche vizio o qualche errore. E’ un dovere sacrosanto pagare le tasse, ma è giusto anche che l’amministrazione agisca nella maniera corretta nei confronti dei cittadini, osservando le norme di legge". 
Per concludere, quale consiglio si sente di dare ai players che ricevono a hanno ricevuto un accertamento fiscale? "Ovviamente, il consiglio è quello di non restare con le mani in mano e rivolgersi immediatamente a professionisti specializzati nella materia, per predisporre e condurre una strategia difensiva efficace. E’ molto importante che la difesa venga esperita nella maniera corretta e nei tempi giusti, altrimenti si rischia di compromettere la situazione anche se la Corte di Giustizia Europea dovesse affermare la non debenza del tributo".

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