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Giovanni Carboni: 'I rischi della liquidità di poker online non esistono'

31 ottobre 2017 - 12:38

Giovanni Carboni di Carboni and Partners fa il punto sulla situazione di stallo (o presunto tale) dell'iter di avvio della liquidità di poker online europea. 

Scritto da Cesare Antonini

“La liquidità internazionale del poker è stata sottoposta ad un vaglio accurato prima della firma dell’accordo. Ci sono stati ripetuti confronti tra le Authority e tra queste e gli operatori. Tutti sono stati ascoltati. Gli eventuali rischi sono stati denunciati. La conclusione è stata favorevole. Sarebbe imbarazzante tirarsi indietro mettendo in discussione le garanzie di sicurezza e legalità degli altri partner”. Giovanni Carboni di Carboni&Partners - EGLA fa il punto sulla situazione di stallo (o presunto tale) che l'interrogazione del 4 ottobre scorso del senatore del Partito Democratico Franco Mirabelli potrebbe produrre per l'apertura dei primi tavoli di poker online condivisi tra Italia, Francia, Spagna e Portogallo.

E Carboni a Gioco News ha confessato le sue previsioni riguardo al futuro della liquidità internazionale del poker  proprio di riflesso ai quesiti specifici che l'interrogazione pone.
Ci sono argomenti per rispondere? “Comincerei dall’apparente contraddizione tra la decisione della liquidità del poker e le scelte del Governo orientate alla riduzione dell’offerta di gioco. Il poker sollecita l’immaginario, ma guardiamo i numeri. La spesa del poker online a fine 2011 era 36 milioni di euro al mese. Nel 2017 è solo 12 milioni al mese. Il poker non è un segmento di gioco asfittico solo in Francia ma anche in Italia. Il poker online è una frazione minima del gioco italiano, pari allo 0,7 percento. Awp e Vlt generano una spesa pari a 74 volte il poker online. Le elaborazioni svolte dal Politecnico di Milano su dati Sogei mostrano che i giocatori fanno un uso ricreativo del poker. Nella forma torneo giocano almeno una volta nel mese, cioè in modo non episodico, 213 mila persone con una spesa pro-capite media di 30 euro. Nella forma cash giocano almeno una volta nel mese 117 mila persone con una spesa pro-capite di 51 euro. Gli operatori, in tempi non sospetti, hanno previsto che la liquidità porterà solo incrementi percentuali contenuti, a una cifra. In conclusione questo non è un gioco nuovo ma una misura per dare ossigeno a un gioco in difficoltà, che la crisi di liquidità rende meno attrattivo rispetto all’offerta illegale”.
 
L’interrogazione contesta l’assenza di fonti normative che legittimano la stipula dell’accordo: “L’art. 1, co. 293, della finanziaria per il 2005 assegna ad Adm la facoltà di “organizzare giochi con le amministrazioni competenti degli altri Stati dell’Unione Europea”. Il dispositivo fu recepito nel 2015 nella bozza del decreto delegato del gioco che, pur non emanato, rappresentava la volontà del Governo riguardo al riordino del gioco. Pare legittimare la decisione autonoma dell’Adm di sottoscrivere un accordo con altri Paesi dell’Unione per un segmento di gioco marginale in cronico stato di crisi.
Le perplessità manifestate sono fondate sulla possibilità che la liquidità internazionale “esponga di fatto, a maggiori rischi di frode o di riciclaggio”, anche tenuto conto che la valutazione sovranazionale dei rischi di riciclaggio pubblicata dalla Commissione europea nel giugno scorso considera il gioco online significativamente esposto ai rischi di riciclaggio.  La valutazione della Commissione, se letta attentamente, dice che i rischi dipendono dal livello della supervisione cui gli operatori sono soggetti e che “possono essere minimizzati da appropriati controlli e misure di verifica, così come dalla tracciabilità e registrazione delle transazioni”.  Quando poi illustra i rischi e le vulnerabilità del gioco online il rapporto fa riferimento, quasi esclusivamente, in modo espresso, ai siti non autorizzati o che non dispongono di autorizzazioni valide nei Paesi UE (benché nel paragrafo introduttivo di descrizione generale del settore del gambling fosse osservato che “i rischi e i controlli riguardanti il mercato non autorizzato sono fuori dallo scopo di questo esercizio, nell’assunto che non è possibile ripulire denaro con una attività illegale”.  La valutazione di rischio “significativa” espressa dal rapporto dell’Financial Action Task Force è quindi eccessiva o, quanto meno, può produrre un equivoco sfavorevole al gioco legale. Mi permetto di affermarlo perché non sono il solo a valutare basso il rischio di riciclaggio del gioco legale italiano. Il gioco online italiano legale è difeso dai Procuratori della Repubblica che fanno indagini sulla criminalità organizzata e sul riciclaggio e sanno quali sono i modus operandi. Per brevità cito qui solo il caso più recente. In occasione del recente convegno sull’Aml organizzato dal concessionario di giochi Codere a metà ottobre la Sostituto Procuratore della Dna ha dichiarato che “le infiltrazioni della criminalità organizzata con finalità di riciclaggio si concentrano negli apparecchi da intrattenimento e nell’online” precisando però che si tratta di “Ctd con bookmaker esteri”, mentre “il gioco online legale ha rischi di riciclaggio davvero bassi”.
Questo vale per l’Italia. E per gli altri partner? “Non solo per l’Italia. Le Authority hanno riconosciuto che i quattro Paesi adottano regole e controlli in parte diversi che assicurano un livello di supervisione paragonabile. I Paesi partner adottano tutti le disposizioni della IV Direttiva. Non ci sono argomenti per dubitare della volontà di questi Paesi di fare il massimo per contrastare il riciclaggio. Il progetto è fondato su cooperazione e scambio informativo. La condivisione dell’attività operativa porterà ad un’accelerazione del processo di adozione comune delle migliori practices. Inoltre, in un contesto di liquidità allargata è più facile, per ragioni statistiche, individuare comportamenti anomali. E infine, il miglioramento del prodotto legale contrasta l’offerta illegale, che trova sempre nuove forme, e mette a disposizione un’ambiente protetto a chi gioca per intrattenimento”.

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