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Poker online illegale in sala giochi, Cassazione: 'Imprenditori erano vittime'

18 agosto 2016 - 11:26

La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi contro alcuni estorsori nei confronti dei gestori di sale giochi che utilizzavano siti di poker online illegali.

Scritto da Anna Maria Rengo

Con una sentenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati contro l'ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli che, confermando quella del locale Gip, applicava la misura cautelare della custoria in carcere in relazione a diverse contestazioni provvisorie, tra cui estorsioni consistenti nell'acquisizione, a seguito di minacce, di somme ingiustificate a fronte del noleggio di videogiochi e a pparecchi di giochi. In un caso, i ricorrenti avevano imposto ad alcuni imprenditori, “gestori di sale giochi ubicate a Portici, avvalendosi della forza di intimidazione della associazione camorristica clan Vollaro operante nel medesimo centro, il pagamento ingiustificato e protratto del tempo, di elevate somme di denaro per l'uso slot machine e di piattaforme internet, queste ultime parimenti imposte”.

LA DIFESA – Nel presentare il ricorso, il difensore aveva dedotto la violazione dell'articolo 63 comma 2 cp, in relazione alle dichiarazioni di due tra gli imprenditori oggetto di estorsione, in quanto si trattava di soggetti che, “nella qualità di gestori di sala giochi, utilizzavano siti poker online illegali in relazione ai quali percepivano percentuali di guadagno di molto superiore rispetto a quelle legali: soggetti cioè che erano indagabili per tale condotta e avrebbero dovuto essere sentiti con l'assistenza del difensore e con gli avvisi di cui all'articolo 64 comma 3 lettera c, rimanendo integrata, nella situazione contraria, la violazione dell'articolo 63 comma 2 cp che prevede l'inutilizzabilità delle dichiarazioni senza garanzie”.


LE MOTIVAZIONI – Nel ritenere inammissibili i ricorsi, i giudici fanno specifico riferimento al rilievo della difesa, ritenendo sia da escludere che dovesse venire in considerazione l'articolo 63 comma 2 cpp per il semplice motivo che, come già osservato dal Tribunale, gli imprenditori autori delle dichiarazioni non sono mai risultati non solo indagati, ma neppure indagabili per reati concernenti l'installazione presso i propri esercizi pubblici, in assenza di autorizzazione amministrativa, di apparecchi terminali collegati alla rete internet per l'effettuazione di giochi d'azzardo a distanza. E ciò in quanto proprio il panorama delinquenziale venuto emergendo dalle indagini in corso e dalle plurime dichiarazioni delle persone offese anche di altri reati lasciava trasparire la posizione delle stesse persone offese come quelle non già di 'imprenditori collusi' ma di 'imprenditori vittima': e cioè quelli che, soggiogati dall'intimidazione, non tentano di venire a patti con il sodalizio, ma cedono all'imposizione e subiscono il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un'intesa volta a limitare tale danno (Sez. 5, Sentenza n. 39042 del 01/10/2008 Cc. (dep. 16/10/2008) Rv. 242318). Proprio in vista di tale linea accusatoria, anche la prospettazione della difesa del ricorrente secondo cui tali dichiaranti sarebbero stati interessati a non cadere come indagati nella rete degli inquirenti e a non vedersi contestare l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, non ha fondamento. Il Tribunale, al riguardo, ha correttamente posto in evidenza la singolare e significativa coincidenza delle dichiarazioni accusatorie dei soggetti che dalla installazione delle piattaforme informatiche abusive imposta dalla camorra traevano anche un parziale vantaggio, con quelle di altre persone offese, ugualmente gestori di sale giochi, che però non condividevano tale ipotetica posizione di vantaggio, dal momento che erano vittime pure dell'estorsione realizzata per consentire l'espletamento di un'attività (noleggio di apparecchi videogiochi) assolutamente legittima da parte degli imprenditori. E dunque soggetti, questi ultimi, di assoluta affidabilità destinata a rinvigorire anche l'attendibilità degli altri dichiaranti sospettati dalla difesa.

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