skin

Per la Corte Giustizia Ue il Bridge non è sport: brutte notizie anche per il poker

26 ottobre 2017 - 12:01

Il bridge non è uno sport per la Corte di Giustizia Ue nel merito dell'applicazione della direttiva Iva: brutta notizia anche per il poker.   

Scritto da Cesare Antonini

 

"Pur riconoscendo che il bridge duplicato richiede logica, memoria, strategia e può costituire un’attività che arreca beneficio alla salute mentale e fisica di coloro che la praticano regolarmente, la Corte dichiara che il fatto che un’attività favorisca la salute fisica e mentale non costituisce, di per sé, un elemento sufficiente per concludere che detta attività rientri nella nozione di "sport", ai sensi della direttiva Iva". E' quanto ha dichiato la Corte di Giustizia dell'Unione Europea oggi, giovedì 26 ottobre, nelle motivazioni della Sentenza della causa C-90/16 "The English Bridge Union Limited / Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs". Ed è indubbiamente una bella mazzata per tutti quelli che continuano a voler percorrere la strada del riconoscimento del poker come sport viste le solite analogie con giochi come gli scacchi e, abbastanza spesso, anche lo stesso bridge.

Nulla di definitivo, ovviamente, ma è comunque qualcosa che può complicare un percorso del genere. Una lotta che va avanti da tanti anni ma che non ha mai trovato uno sbocco concreto.
Notizia che fa da contraltare a quella che qualche giorno fa vedeva il Comitato Olimpico possibilista nell'inserimento della federazione internazionale di poker tra gli sport della massima competizione mondiale.
Ma andiamo a capire quali sono le motivazioni che hanno portato a respingere il ricorso della federazione inglese che aveva a chiesto il rimborso di tale imposta in virtù della direttiva IVA, ritenendo di dover beneficiare delle esenzioni concesse dalla direttiva a talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport.
L’amministrazione tributaria ha respinto tale domanda con la motivazione che le disposizioni in
virtù delle quali sono esentate talune prestazioni di servizi "strettamente connesse con la pratica dello sport" implicano che uno sport debba avere una rilevante componente fisica.
L’EBU ha proposto ricorso avverso la decisione dell’amministrazione tributaria, ricorso che è stato respinto.
Adito in appello con tale ricorso, l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber)
il tribunale superiore (sezione tributaria e del pubblico registro e della cancelleria), Regno Unito, pur dichiarando che il bridge duplicato richiede competenze intellettuali elevate, chiede alla Corte di giustizia se si tratti di uno sport ai sensi della direttiva.
Nella sua sentenza odierna, la Corte osserva, anzitutto, che essa è "chiamata non già a
determinare il significato della nozione di sport in generale, bensì a interpretarla nell’ambito della direttiva IVA. E non essendovi nella summenzionata direttiva alcuna definizione della nozione di sport, tale termine deve essere definito, in forza di una costante giurisprudenza, sulla base del significato abituale che assume nel linguaggio corrente, tenendo conto al contempo del contesto in cui esso è utilizzato e degli obiettivi perseguiti dalla normativa".
E qui la mazzata che per analogia, seppur si parla solo di Iva, potrebbe essere mutuata anche per altri tipi di valutazioni a livello Europeo e sportivo. "La Corte dichiara che, nel contesto delle esenzioni dall’IVA, che devono essere interpretate restrittivamente, l’interpretazione della nozione di sport contenuta nella direttiva si limita ad attività corrispondenti al significato abituale di tale nozione, le quali sono caratterizzate
da una componente fisica non irrilevante".
E continua: "La circostanza che un’attività che favorisce il benessere fisico e mentale si pratichi in competizione non consente di pervenire a una conclusione diversa. La Corte conclude che un’attività come il bridge duplicato, caratterizzata da una componente fisica che appare irrilevante, non rientra nella nozione di sport, ai sensi della direttiva IVA".
Sport no, cultura sì, però: "Una siffatta interpretazione non pregiudica la questione se
un’attività avente una componente fisica che appare irrilevante possa rientrare nella
nozione di servizi culturali ai sensi della direttiva, qualora tale attività, tenuto conto della sua pratica, della sua storia e delle tradizioni a cui appartiene, occupi una posizione tale nel patrimonio sociale e culturale di un Paese da poter essere considerata come facente parte della sua cultura".

Articoli correlati