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Rosa e Cristaldi: 'I giudici italiani ignorano l'Europa e i diritti dei poker players'

26 maggio 2015 - 11:34

L'avvocato Massimiliano Rosa e il fiscalista Sebastiano Cristaldi hanno analizzato i fatti intervenuti dopo la pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia del 22/10/2014 che sembrava mettere la parola fine al progetto 'All in' dell'Agenzia delle Entrate e alle pretese erariali sulle vincite dei poker players nei casinò esteri dello spazio economico europeo.

Scritto da Cesare Antonini
Rosa e Cristaldi: 'I giudici italiani ignorano l'Europa e i diritti dei poker players'

I due legali avevano comunque mantenuto un atteggiamento prudente anche se la sentenza sembrava parlare chiaro.
Ecco le considerazioni che i due legali hanno stilato: “E' emerso l’ostinato atteggiamento tenuto dall’Agenzia delle entrate, che finora non ha ritirato il progetto All in, né si è ritirata dal contenzioso, impugnando anche quasi tutte le sentenza sfavorevoli, lascia ritenere che per essa i documenti di prassi si collocano al primo posto delle fonti del diritto e che la sentenza della Corte di giustizia non è sufficiente per farle cambiare orientamento, come se il gettito tributario debba essere salvaguardato a tutti i costi, anche sacrificando i diritti fondamentali dei contribuenti; l’AF non si preoccupa neanche del rischio di dover pagare le spese di lite, anche a titolo responsabilità processuale aggravata, per aver resistito in giudizio in mala fede o colpa grave, con conseguente rilevante danno erariale”.
Tutto assai bizzarro visto che “la giurisprudenza di merito ha dato ragione ai contribuenti che hanno adito la via del contenzioso tributario, tranne alcune eccezion (Commissioni Tributarie di Milano, Napoli e Perugia), ma si tratta di sentenze superficiali e a sorpresa, che sono in netto contrasto con i principi di diritto dell’Unione, affermati dalla CGUE con la sentenza del 22/10/2014, senza una valida spiegazione”.
Il primato sull’ingiustizia tributaria si registra a Perugia, “dove – continuano - la Commissione tributaria è riuscita a decidere in tre modi diversi quattro ricorsi proposti dallo stesso contribuente, per fatti analoghi: una sentenza ha dato ragione al contribuente; un’altra gli ha dato torto; mentre la terza lo ha condannato a pagare le imposte, mediante disapplicazione delle sanzioni; in tutte e tre i casi, con spese processuali compensate”.

 

Esiste un problema più grande, quello della certezza del diritto: “Di fronte ad un atteggiamento così ostile dell’AF e pronunce così “altalenanti”, sembra veramente difficile affermare l’esistenza della “certezza del diritto” nei rapporti tra fisco e contribuenti, ma anche la figura della Stato di diritto ne esce piuttosto compromessa. Appare il caso di ricordare che il principio di “effettività” del diritto, si basa sulla concreta esecuzione di quanto stabilito dal diritto sostanziale, ovvero dalle norme che fanno parte dell’ordinamento giuridico nazionale e internazionale, nonché su un processo ispirato al principio di giustizia. Proprio per questa sua idoneità a garantire l’efficacia delle norme di diritto all’interno di un ordinamento giuridico, i principi di effettività del diritto e del giusto processo possono essere considerati come parametri per valutare la validità di un determinato sistema giuridico: qualora le norme formalmente approvate “sulla carta” non risultino anche concretamente applicate, non si può parlare di diritto in senso sostanziale”.

Ma possibile che nessuno paghi per questi errori? “Per quanto riguarda il comportamento tenuto dall’AF, riteniamo opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, approvato con il D.P.R. 16/04/2013, n. 62, il dipendente pubblico deve osservare la Costituzione e svolgere i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare (comma 1). Inoltre, egli deve rispettare i principi di integrità e correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agire in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi (comma 2). Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi, altresì, da azioni arbitrarie che possono provocare effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che possono comportare discriminazioni (comma 5). Nelle circostanze, il comportamento tenuto dall’AF sembra piuttosto intollerante verso il diritto dell’Unione e comunque non si direbbe per niente rispettoso del Regolamento dei dipendenti pubblici, il quale, peraltro, non fa che ribadire l’obbligo di osservazione di principi costituzionali tutelati. È come se le norme venissero scritte per essere osservate soltanto da alcuni (cioè dai cittadini, che rischiano così di essere considerati come sudditi), e non anche dai pubblici dipendenti”.
Esiste anche una responsabilità civile dei magistrati: “Riteniamo opportuno ricordare che il 19 marzo 2015 è entrata in vigore la Legge 27 febbraio 2015, n. 18, la quale introduce disposizioni volte a modificare le norme di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117, al fine di rendere effettiva la disciplina che regola la responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, ampliando i casi di colpa grave e prevedendo, tra l’altro, che i magistrati rispondono nel caso di “travisamento del fatto o delle prove”. È stato invece mantenuto il principio della responsabilità indiretta: quindi il soggetto che ritenga di aver subito un danno ingiusto per un atto posto in essere da qualunque magistrato non può agire direttamente contro il magistrato, ma deve agire contro lo Stato, che potrà successivamente esercitare l’azione di rivalsa contro il magistrato”.
Basterà questa nuova norma per evitare che alcuni magistrati possano continuare impunemente ad assumere decisioni superficiali, ai danni dei cittadini, senza rispondere del loro operato? “È presto per dirlo, ma è elevato il rischio che anche questa legge resterà un’altra norma scritta solo sulla carta e basta! Ai contribuenti che dovessero subire ingiustizie, è opportuno ricordare che dall’appartenenza del nostro Paese all’Unione europea non derivano soltanto oneri, ma anche diritti che ciascun cittadino europeo può far valere anche presso le Corti di Lussemburgo e Strasburgo.
In particolare, dalla consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia si traggono i seguenti insegnamenti quali principi generali del diritto dell’Unione, che ciascun cittadino dell’Unione può far valere anche davanti ai giudici nazionali; si tratta dei principi di effettività del diritto, della tutela giurisdizionale effettiva, della certezza del diritto, del divieto di abuso del diritto, della responsabilità dello Stato membro nel caso d’inadempimento del diritto dell’Unione o per violazione del diritto dell’Unione da parte dei propri organi interni, ivi compreso il regime di responsabilità civile dei magistrati, con obbligo di risarcimento del danno a favore del privato da ciò leso, a prescindere dall’accertamento del dolo o della colpa dell’amministrazione o dei giudici che hanno agito in violazione del diritto dell’Unione europea”.
Tanti i principi inosservati: “Dall’atteggiamento assunto dall’AF e da alcuni giudici di merito, è evidente che nel caso in esame non solo sono stati violati i citati principi di diritto dell’Unione, ma anche il ruolo della Corte di giustizia, che è quello di interpretare il diritto dell’Ue affinchè venga applicato in modo uniforme in tutta l’Unione, risulta svilito. Dell’inosservanza del diritto dell’Unione europea e dall’ingiustizia tributaria che da ciò ne è derivata, possono essere chiamati a risponderne, per il risarcimento dei danni materiali e morali causati ai cittadini, sia i funzionari che i magistrati che di ciò si sono resi responsabili”.
E sono partiti i primi ricorsi alla Commissione Europea. Non resta che attendere.

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