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Poker live ed eSports: così simili e così diversi sul piano legale e sportivo

19 ottobre 2017 - 12:58

Poker live ed eSports, così simili così diversi: ecco la situazione legale degli sport elettronici in Italia. 

Scritto da Cesare Antonini

Roma - Gli eSports, i videogiochi elettronici competitivi, dovranno per forza diventare uno sport? “Secondo me l’obiettivo del settore dovrebbe essere quello di porsi molto più avanti e molto più sopra rispetto al Coni e al gaming. Gli sport elettronici sono uno show, uno spettacolo, non devono essere necessariamente riconosciuti come sport. Una manifestazione che attrae centinaia di migliaia di persone e che spesso non riesce ad essere contenuta in grandi spazi ma servono stadi e arene, non può arenarsi di fronte a certi cavilli e non ne ha poi così tanto bisogno”. A parlare a Gioconews.it all’Enada di Roma è Maurizio Ragno di Gaming Consulting eSports for passion e presidente della Lega eSports italiana.

Una premessa: noi che seguiamo il poker da oltre 10 anni abbiamo avuto un deja vu e abbiamo rivisto in Ragno il “profeta” di un settore ancora poco conosciuto ma che sta per esplodere in tutta la sua prepotenza tanto che le previsioni di un aumento di fatturato di 2 milioni di euro dal 2017 al 2018 ci sembrano un po’ troppo caute. Ma non sappiamo ancora quando ci sarà il boom. Di fatto Ragno ci è utilissimo per capire alcuni meccanismi precisi, e che forse, venendo dal poker live e online, non ci sono chiari. Il presidente della Lega eSports, per farla breve, ci sembra un po’ uno di quei personaggi che agli albori del poker hold’em in Italia erano i presidenti delle varie federazioni. Meglio per lui visto che, secondo la nostra modestissima opinione, si trova seduto su un forziere d’oro pronto ad aprirsi e a far trabordare soldi veri.

Ma torniamo a bomba: qual è la situazione degli eSports che sembra molto simile a quella del poker live in Italia a livello legale? “Paradossalmente il poker è più avanti rispetto agli eSports. Non siamo preoccupati dei problemi legali perché tutte le novità spiazzano e causano incertezza nel regolatore. Per adesso, fino a gennaio 2018, c’è una deroga al regolamento Coni che dice che i videogiochi sono da considerare sport. Ora vedremo a gennaio cosa succede ma credo che la tendenza sarà quella di allungare di un altro anno questa deroga per prendere tempo nel frattempo e capire come muoversi. Tuttavia non temo tantissimo il non riconoscimento sportivo semplicemente perché gli eSports non sono solo una competizione ma un vero e proprio spettacolo e un prodotto che genera business con il suo contorno. Insomma, non è poi così cruciale che il Coni ci riconosca come sport per il momento ma forse più per il futuro”, spiega Ragno.

Ragionando come pokeristi della prima e dell’ultima ora non ci è chiaro ancora qualcosa, come vi regolate coi buy in e coi montepremi? “La maggior parte dei team e delle sale lan in cui si videogioca sono tutte Asd, Associazioni Sportive Dilettantistiche e i tornei sono nient’altro che concorsi a premi o competizioni sportive in cui si erogano premi ai vincitori. Siamo inquadrati per ora come videogiochi sportivi grazie a quel regolamento Coni di cui parlavamo ma possiamo anche essere definiti come attività ludico motorie o sotto il regolamento della Fidart, delle freccette. E in realtà non si pagano iscrizioni, almeno per i tornei di basso importo dove ha poco senso. I premi che vedete di solito vengono stanziati dagli sponsor. Per i tornei più importanti con decine e centinaia di migliaia di dollari in palio è prevista un’iscrizione ma in quel caso il field dei partecipanti si restringe ai più forti e ai team sponsorizzati. Per cui sostanzialmente non esiste il problema di un amatore che arriva e paga un buy in”.

Il problema a livello legale e di opinione pubblica e dei regolatori europei, a questo punto, potrebbe davvero emergere solo per quello che riguarda le scommesse che non sono così fondamentali per lo sviluppo del settore. Anzi, un mondo in cui i giocatori possono vincere soldi e diventare professionisti semplicemente stando al pc e sulla Play o sulla xBox è una storia perfetta che taglia la testa a tanti “demoni” che il poker deve sopportare in casa. Se non si devono sostanzialmente pagare i buy in pensiamo a quanto possa giovarne l’ecosistema. Più si gioca, più contatti si generano più si avvicinano gli sponsor e più i publisher dei videogames e gli attori del settore ed extra settore sono portati ad investire: un circolo virtuosissimo che, viene da pensare, avrebbe salvato il poker costretto invece a rincorrere players con bankroll da spendere e con alcuni abilissimi costretti a mollare questa professione magari solo per colpa della varianza negativa.

Ma ci ripromettiamo di scavare proprio su questo aspetto. Perché esiste il risvolto della medaglia: e se gli eSports non avessero considerato invece il potenziale business derivante proprio da tornei open costruiti da amatori che pagano un’iscrizione per giocare magari prizepool garantiti proprio come nel poker?

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