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Il poker online tra svolte futuristiche e (preoccupanti) scenari protezionistici

07 maggio 2018 - 14:49

Aprire le frontiere della liquidità internazionale per il poker online sembra sempre più difficile. Non solo in Italia.

Scritto da Ca

 

Alcuni film, alcuni libri e certe canzoni parlano del futuro e degli anni Duemila con le navicelle spaziali e atmosfere da Blade Runner post apocalittiche in un’era robotica con le strade costruite in cielo. Ok, la realtà nel 2018 è ben diversa e abbiamo ancora le auto che vanno a benzina e quelle elettriche fermate dai padroni del petrolio. Ma non siamo qui a parlare di geopolitica. Quello che ci sconvolge è che i players di poker online non possono ancora sfidare comodamente da casa via internet i giocatori di tutto il mondo.

 

Sono entrato nel settore del gaming tra il 2004 e il 2005, e nel 2006 ho vissuto l’esplosione del gioco online anche in Italia grazie alle liberalizzazioni del ministro Bersani. In quei giorni si parlava anche di oscuramento dei siti, di black list e quant’altro. Il dot com iniziava a perdere terreno rispetto ai framework nazionali e alle liquidità interne che favorirono il boom del poker online, almeno in Italia, dove abbiamo vissuto una “golden age” unica al mondo.

Dodici anni dopo sembrava che il percorso fosse ormai stato segnato: dalle pool nazionali ormai svuotate dagli squali, la tendenza sembrava andare verso una prima liquidità regionale europea che ad inizio anno è partita, ma non ha ancora completato il primo step con Francia e Spagna che funzionano, il Portogallo che vorrebbe entrare e sta superando ostacoli normativi e l’Italia ancora in panne.
 
Ma non vogliamo parlare neanche dell’Italia. Quello che ci preoccupa e che approfondiremo con gli esperti nel prossimo numero di Gioco News di giugno 2018, è una confusione diffusa e generalizzata tra le varie nazioni europee ma anche tra gli Stati Usa e altre regioni mondiali.
 
Italia a parte, impelagata in alcune difficoltà politiche e lobbistiche e ora paralizzata da un Governo che “non s’ha da fare”, assistiamo a svolte protezionistiche di Paesi che pensavamo potessero partecipare alla liquidità regionale europea, che ci preoccupano assai. Vedi la Svezia, tradizionalmente chiusa in se stessa ma che pare voler rinforzare le posizioni monopolistiche, e la Germania ancora ferma o la Svizzera che, nel suo piccolo, può chiudere i rubinetti ai siti esteri con una liquidità pressoché inesistente a livello nazionale.
 
Dall’altra parte dell’Oceano, invece, prende il via la liquidità condivisa tra i tre Stati Usa già legalizzati in attesa della Pennsylvania, mentre la Colombia, che aveva addirittura pensato di aprire le porte ad altri Stati europei o americani, ha fatto retromarcia chiudendosi di nuovo a riccio.
 
Possibile che la parola “poker” spaventi sempre così tanto? E che non si capisca che continuano a proliferare network a rischio per i giocatori e anche per chi li gestisce? Perché, se parliamo di e-commerce o altri settori, vengono lasciati sviluppare mostri aziendali spaventosi e poi si reagisce solo quando il problema è ingestibile e ingovernabile a livello statale? È così difficile capire che il gioco illegale è molto più pericoloso di quello legale che subisce ed è soggetto a controlli profondissimi e approfonditi e che è davvero intoccabile da “mani sporche”?
 
Il tema è davvero molto vasto mentre la nuova frontiera che sembra affacciarsi sul mercato è il poker online gestito tramite moneta virtuale. Anche qui i dubbi sono molti e il futuro è tutt’altro che facile da leggere in un’area borderline e decisamente grigia. Intanto, però, cerchiamo di non tornare indietro con passi da gigante. Facciamo il minimo aprendo le frontiere della liquidità. Sarebbe già un gran bel risultato.

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