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Il ban Wsop per razzismo ad Adrian Sorin e la brutta 'piega' italiana

09 luglio 2018 - 05:27

Il ban a vita per il player Adrian Sorin per il presunto insulto razziale a Maurice Hawkinks ci fa riflettere sul linguaggio troppo spinto che utilizziamo sui social anche nel poker. 

Scritto da Cesare Antonini

Las Vegas - Non abbiamo scritto nulla dell’episodio di razzismo che ha visto bannare da tutte le proprietà del gruppo Caesars un certo Adrian Sorin Lovin, per aver usato in maniera (pensiamo noi) alquanto superficiale il termine “nigga” contro il giocatore di colore e record man di Wsop Rings, Maurice Hawkins. Non l’abbiamo fatto anche se eravamo qua ma, si sa, spesso il contatto diretto con le fonti impone anche riservatezza. siamo medici impietosi” ma non abbiamo calcato la mano pur non avendo subito censura alcuna.

Ne parliamo qui, però, partendo da una riflessione breve: è troppo dura la legislazione e la reazione delle istituzioni americane a questi casi o nel nostro Paese, in questo preciso momento storico stiamo vivendo una fase pericolosa di maturazione di sentimenti razziali che negli States hanno vissuto per decenni?
Apriamo Facebook e troviamo scritte delle frasi e delle “considerazioni” che fanno rabbrividire e che in Usa potrebbero arrivare a denunce penali e, per casi più gravi, in alcuni Stati persino fino alla pena di morte.
Il caso di Sorin al main Wsop è forse un po’ esagerato. Hawkins fa del trash talking una delle sue armi preferite al tavolo da gioco. E il personaggio non è così limpido, tra l’altro. Qualche giorno fa scrivemmo di una causa legale per il mancato pagamento da parte di Hawkins al suo finanziatore. Tutto è finito a “tarallucci e vino” e alla “volemose bene”. Forse perché la cifra che mancava era bassina e non conveniva giocarsi le spese legali. As usual, insomma. Poi su Twitter scopriamo un topic trend “Maurice Hawinks racial” e anche “racist”, con il “signore degli anelli” al centro di alcune polemiche razziste anche partite dalla sua bocca.
Vittima o carnefice, quindi? Di sicuro non spetta a noi dire chi ha ragione ma ci limitiamo a mettere nel calderone tutti gli elementi che abbiamo raccolto. La bilancia, dove pende, la vedrete voi. Certo il giocatore residente a due passi dal Perla di Nova Gorica, non è stato un genio a tirare fuori un termine che qua riassume in cinque lettere soprusi, razzismi, neonazismi, lotte, discriminazioni e casi deplorevoli che tuttora vanno avanti. Che poi sia anche utilizzata in meme, gif, film e altri casi in maniera anche “leggera” è tutta un’altra storia.
Tornando all’Italia, di queste cose, per fortuna, non soffriamo. Ma il rischio di imboccare quella strada sembra alquanto concreto. Non diciamo di raggiungere il grado di rigidità delle regole a stelle e strisce. Diciamo però di riflettere sul livello  di libertà con cui si utilizzano certe espressioni e si enunciano certi concetti ( se vabbé) che iniziano ad inasprire il clima a livello razziale. Si sparano sentenze su migranti, rifugiati, barconi, Ong, Salvini, porti chiusi o aperti. Tutto un po’ a caso, forse, ma non ci va bene lo stesso. Le parole vanno pesate e soppesate. Gli allergeni semantici contano, non si può pensare di non fare danni parlando in certi contesti con certe accezioni razziste e violente. Che poi stiamo parlando di persone ignoranti non importa. Non va bene lo stesso. E due.
Servirebbe, come al solito, una via di mezzo.
Ecco, caro ministro Di Maio, questa è la dignità che vorremmo vedere regolata. Comprendiamo che il tema è complesso e che forse verrebbe vietato Facebook e problemi risolti. Ma qui la paura che la deriva razziale prenda piede dietro all’assunto “io non sono razzista però…”, è concreta.
Dal poker arriva l’esempio di Hawinks vs Sorin. Riflettiamoci bene su.

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