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Crolla Campione, il danno per il poker live e la lezione (ancora) da imparare

29 luglio 2018 - 20:31

Chiude il Casinò di Campione d'Italia per fallimento, il danno per il poker live e la lezione (ancora) da imparare. 

Scritto da Cesare Antonini

Chi mi conosce lo sa: ho sempre convenuto con l’idea di chi diceva che i casinò avrebbero dovuto chiudere per riaprire magari in mano ai privati o ad una gestione meno anacronistica e più in linea coi tempi. I nostri tempi. Del resto basta farsi un giro a pochi passi dall’Italia tra Slovenia e Malta, a poche bracciate di mare, per capire come una casa da gioco performante e in grado di servire i players (anche e soprattutto di poker) sia davvero possibile.

Ma adesso che il casinò di Campione ha chiuso i dubbi sul futuro aumentano e non è una bella sensazione per il mondo del gioco vedere chiuso la sala da gioco più grande d’Europa che è comunque in territorio italiano. Aumentano i dubbi perché la struttura in qualche modo riaprirà ma per tanti mesi il poker live, lì, rischia di essere ormai morto e sepolto. Questo lo vedremo. tuttavia quello che mi spaventa di più è il cambio di approccio che nella testa di questa categoria di lavoratori privilegiati non sembra voler cambiare. Proprio no!

Perché? Beh due esempi su tutti sono alla portata di voi lettori. Sembra intanto che le prime proteste dei sindacati chiamino in ballo lo Stato che, secondo loro, dovrebbe correre in aiuto. Ma veramente l’hanno detto? Ebbene sì. Dopo aver ricevuto centinaia di milioni di euro di aiuti statali e averli bruciati praticamente già tutti, lo Stato dovrebbe venire in soccorso di una struttura da stravolgere da capo a fondo per renderla produttiva. Dispiace per i tanti amici che lavorano in quell’azienda ma se non si procede ad una ristrutturazione profonda (che si traduce in esuberi e licenziamenti) non ha senso riaprire. E’ come buttare una barca bucata nel mare con la speranza che scopra le Americhe. Assurdo no?
L’altro esempio l’abbiamo vissuto nel weekend in un’altra location: al casinò di Saint Vincent. Mentre un’azienda privata che ha investito nel gaming cerca di lavorare onestamente, le logiche anacronistiche di cui sopra, continuano a cozzare contro la possibilità di offrire gioco. Possibile che dopo la chiusura paventata per tanti anni, spesso sfiorata e ora avvenuta di un casinò così importante, non si accenda una lampadina nella testa di nessuno? Il modo di pensare dovrebbe cambiare altrimenti ci avviamo ad una chiusura definitiva di tutti e 4 i casinò. C’è chi ha fatto qualcosa, proprio a Saint Vincent, per cercare di riequilibrare la struttura e renderla performante e che abbia un senso economico nei bilanci. Ma non sembra bastare. 
Insomma serve un cambio di marcia, di mentalità. La caduta di questa “tessera del domino” non deve sfiorare le altre. Ma se non si pensa subito a stabilizzarle, queste tessere, sarà difficilissimo che non seguano altri episodi del genere.
Un’ultima cosa: tutto quello che è accaduto, tutte le difficoltà e bastoni tra le ruote e angherie che hanno subito le organizzazioni di poker live in questi anni evidentemente non erano “masturbazioni mentali” che ci facevamo noi addetti ai lavori. Quando cercavano, le organizzazioni, di far capire ai casinò che il mondo andava da un’altra parte forse andavano ascoltate. Hanno comunque perso tutti e nessuno vuole dire “ve l’avevamo detto”. Ma, ecco, sarebbe così.

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