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Sale da gioco ferme ma (paradossalmente) alcuni poker club live pensano di riaprire

18 maggio 2020 - 09:50

Sale da gioco ferme in base alle disposizioni del Dpcm Conte ma (paradossalmente) alcuni poker club live pensano di riaprire: il caos normativo lascia qualche spazio ma gli organizzatori rischiano. 

Scritto da Cesare Antonini

Il grande paradosso del poker live lecito ma non regolamentato rischia di far scoppiare una pericolosa polemica con risvolti sanitari e legali anche piuttosto gravi.

Come noto e come seguiamo da giorni sulle nostre pagine, le sale da gioco, sale scommesse e sale bingo non hanno ricevuto l’ok per la riapertura dal Dpcm firmato nella giornata di ieri, domenica 17 maggio, dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Rimandiamo a Gioconews.it per tutte le analisi del caso.

Ma in questi giorni abbiamo letto sui social network almeno un paio di annunci di due club del Nord Italia che comunicavano “a tutti i soci la riapertura comunicando le disposizioni del nuovo Dpcm e di quelli regionali”. A meno che tutta la redazione di Gn e tutta la stampa di settore (e anche nazionale) non sia diventata cieca, non abbiamo riscontrato nel Dpcm la possibilità di giocare a poker dal vivo. E non ci risulta che il gioco sia ancora regolamentato e le room live abbiano un codice Ateco. Nel documento Istat pubblicato la scorsa settimana ci sono le sale gioco, le gaming hall, i betting shop e le sale bingo ma non i circoli di poker.

Avevamo già spiegato tutto questo e non ci dilunghiamo. Ma prima di andare avanti nel ragionamento, una premessa: per noi il poker live è sacro, andrebbe normato, regolarizzato e abbiamo sempre combattuto contro chiusure inique e drammaticamente randomiche da parte di uno Stato che opera a “macchia di leopardo” confondendo legalità e illegalità. Ma, attenzione, in questo caso la situazione è assai delicata.

In realtà le associazioni sportive dilettantistiche, la forma giuridica scelta dalla maggioranza dei circoli live, potrebbero ripartire così come potrebbero ripartire bar e locali che oggi vivranno la Fase 3. E il poker rimane nel limbo, borderline, sull’orlo della cucitura come direbbero gli americani. Questo è il paradosso. Le sale dei concessionari di gioco pubblico ferme e le room dal vivo aperte.

Addirittura un club ha lanciato dei protocolli che, anche questi, non sono scritti da nessuna parte ma sono ormai quelli noti a livello internazionale.

Ingressi contingentati, personale di sala e dealer con le mascherine, sanificazione delle chips ad ogni cambio e distanziamento sociale di un metro “come dispone la norma”. Ecco, qui si insidia il rischio per chi lavorerà, per chi giocherà e per chi organizzerà: con centinaia di migliaia di esercenti terrorizzati dal rischio di contagio e quindi anche del rischio penale per i titolari delle attività e dei datori di lavoro, cosa potrebbe succedere nel peggiore dei casi? Come si giustificherebbe il gioco ai tavoli se non si ha il permesso della Questura o della Prefettura? A meno che gli organizzatori non abbiano un permesso speciale visto che non sono contenuti dei Dpcm, il rischio è altissimo anche in caso di semplice controllo.

Il Governo non ha reso noto il limite di persone oltre il quale si considera assembramento una riunione, un incontro tra amici e qualsiasi attività. Quindi è difficile interpretare cosa direbbero le forze dell’ordine in sede di verifica ad un circolo live.
Per concludere non vogliamo né fare gli uccelli del malaugurio né remare contro il poker dal vivo. Ma vanno messe in fila tutte le nostre considerazioni e poi valutare attentamente una riapertura. Il consiglio è di attendere che le cose si normalizzino. Concordiamo, però, che con il caos normativo, con la bizzarra gestione dell’emergenza e con le normative grigie sul poker live, prendere alcune decisioni non è poi così irreale.

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