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Pupo e l’infinito spot di un poker che non esiste più: basta!

18 gennaio 2021 - 17:56

L'ennesimo racconto di Pupo e del suo vizio del poker che continua a danneggiare il settore di una disciplina fondata sulle skills. 

Scritto da Cesare Antonini

Possiamo dire che la storia di Pupo e del suo “vizio” per il poker ci ha stancato? Abbiamo capito dei suoi problemi e avevamo capito anche che li aveva superati. E si era anche avvicinato all’hold’em grazie agli ex colleghi di Pokeritalia24, la produzione della Notte del Poker. E ci sta simpaticissimo Enzo Ghinazzi, lo stimiamo pure e abbiamo cantato le sue canzoni a squarciagola e ci siamo legatissimi vista anche l’età che, ahinoi, avanza. Ma il neverendum storytelling che, anche per colpa dei nostri colleghi della stampa generalista, continua a infestare pagine su pagine cartacee e online, parla della sua storia inizia ad essere offensivo per il poker moderno.

Come gruppo editoriale abbiamo sempre seguito e sostenuto la lotta alle ludopatie e alle devianze che il gioco, così come tutto nella vita, possiede. Tuttavia non possiamo sopportare la continua narrazione che il poker rovina la vita, le persone, forse il mondo. Sì, ok, quotidianamente siamo costretti a vedere esempi di chi, per la maggior parte per colpa sua, perde e compromette il proprio bankroll ma quella è un’altra storia. Il poker è un gioco in cui l’abilità prevale sull’alea e, dopo centinaia di interviste e analisi di studi statistici di massimi esperti, abbiamo capito che in media le Skill prevalgono al 65% sulla fortuna. La varianza statistica esiste ma esiste la Gto, esiste chi con la pratica, lo studio e l’applicazione, nel lungo periodo, vince.

Ma Pupo in una recente intervista continua con la sua narrazione: “A un certo punto della vita mi sono accorto di essere ammalato da una terribile dipendenza, il gioco d'azzardo, come mio padre. Come lui sono solare e triste, lugubre come è il gioco d'azzardo, a tinte fosche e nere. Anche lui sapeva. A tredici anni ho iniziato a giocare a poker in quei bar che erano bische clandestine. Era talmente preso anche lui da quel vizio, o passione, che non era in grado di aiutarmi”.

Perché basta, caro Pupo? Innanzitutto concordiamo sulla sciagura di un ragazzo di 13 anni catapultato a giocare nelle bische clandestine. Nei casinò e anche nei club sul territorio, un minorenne, adesso, non entrerebbe mai. E forse in questi tempi sarebbe difficilissimo piombare in questo vizio e in luoghi senza controllo e senza predeterminazione della perdita, figuriamoci della scommessa in tavoli che definire No Limit è un eufemismo bello e buono.
E non è giusto continuare a infangare il poker con una storia che ormai conosciamo e che, forse, serve più a fare e farsi pubblicità che a superare un momento grave, certo, lo riconosciamo.
Ma nella sua recente intervista a “Verissimo” ripresa da Il Messaggero, il titolo è caduto sul poker, non su tante notizie shock che Pupo rilascia, compresa l’infatuazione per un uomo.
Finirà un giorno questa narrazione fosca, fumosa, maligna e decisamente poco generosa per una disciplina che vede ragazzi, uomini e donne, studiare tutti i giorni le combo, i range di raise, di 3bet, le statistiche e gli stili di gioco degli avversari? Ci mollerete prima o poi?

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