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Salomone (Pryma Gaming): 'Un tavolo di confronto col Governo prima che sia troppo tardi'

12 marzo 2019 - 07:55

Giosuè Salomone, ceo di Pryma Gaming, fa il punto sulla legislazione del gaming e chiede un tavolo di confronto tra Governo e operatori prima che sia troppo tardi. 

Scritto da Ca

Quale futuro per il comparto giochi in Italia? Lo abbiamo chiesto a Giosuè  Salomone, ceo di Pryma Gaming e storico addetto ai lavori settore con una grandissima esperienza nel settore. Negli ultimi dodici anni ha vissuto e operato in vari paesi europei e cerca di tirare le somme di tutto quello che ha vissuto e visto affrontando il momento critico della legislazione italiana mettendola a confronto con quella europea nel mondo del gaming.

Che futuro per il settore giochi in Italia? “Siamo abbastanza vicini ad un punto di non ritorno purtroppo. Le vessazioni, fiscali e non solo, stanno allontanando interesse e investimenti verso altri paesi dove il Gaming è visto come una risorsa dalle enormi potenzialità . E girando l'Europa mi duole vedere che anche i giovani laureati che vogliono lavorare nel mondo del marketing e del gioco riescono a trovare posto solo in altri paesi, dove le multinazionali del settore stanno concentrando i propri investimenti. In Italia il gioco, comprendendo l'indotto, occupa circa 100.000 addetti, ma è un numero che potrebbe facilmente triplicare con le giuste politiche.

Eccessiva tassazione? “Definirla “eccessiva” è un mero eufemismo. Basti pensare che alcune tipologie di gioco, in Italia, sono tassate il quadruplo rispetto ad altri paesi europei. E malgrado questo gli operatori devono sottostare a limiti e regole sulla pubblicità  fuori da ogni logica, ad una burocrazia esasperata e ad una demonizzazione da caccia alle streghe”.

Nessun beneficio dal Decreto dignità? “Assolutamente no. Ottiene l'effetto esattamente opposto rispetto a quello che si prefigge. La ludopatia va contrastata con una maggiore informazione e con un maggior controllo. Banalmente potrei dire che l'impossibilità  di promuovere il gioco legale impedisce al consumatore di comprendere le differenze con il gioco illegale, rischiando di favorire quest'ultimo. Ma il problema è ben piu' ampio: nessun operatore investirà sul gioco responsabile in presenza di queste misure; e da qui, appunto, si va in direzione opposta rispetto alle intenzioni”.

Il GAP come si potrebbe contrastare quindi? “Sicuramente non con il proibizionismo o con la mancanza di informazione. Tra l'altro in Italia il giocatore medio è più attento e responsabile rispetto alla media europea. Giusto per fare un esempio, la crescita di siti di comparazione quote, come Oddschecker, evidenzia come lo scommettitore italiano sia poco impulsivo e, al contrario, sia attento e oculato. Nel mondo l'alcool uccide più della droga, ma non per questo chiudiamo i bar nei centri urbani o impediamo la pubblicità  al Brunello di Montalcino. Il gioco è di per se una attività sana. Serve solo un maggiore investimento nella prevenzione, nella corretta comunicazione e nel controllo".
E nel resto d’Europa? “Quale democrazia per naturale vocazione l'Italia dovrebbe essere un esempio legislativo. Invece siamo estremamente indietro rispetto alla quasi totalità  dei paesi europei. In Italia manca un disegno organico per il comparto giochi, troppa disomogeneità . E rimaniamo anni luce lontani anche da paesi come la Romania, la Bulgaria, la Lettonia”.
Quale potrebbe essere la ricetta per salvare il “malato”? “Una revisione totale delle regole e della fiscalità  del comparto giochi. Resettare tutto e ripartire con un 2.0! Avere l'umiltà di copiare le ricette vincenti dei nostri vicini di casa. Basta un analisi attenta dei benefici portati da una bassa tassazione del settore in Germania, o della legalizzazione dei Poker Club Live in Romania, o della liquidità condivisa che in molti paesi sta facendo la differenza”. 
Sarebbe quindi auspicabile un tavolo di confronto tra Governo e operatori? “Si. Ma non per un tiro alla fune. Per avviare una semplice fase di analisi e di studio, con professionisti che sappiano valutare i risultati degli altri paesi europei, che sappiano stilare una analisi attenta del rapporto costi/benefici di singoli provvedimenti, che sappiano elaborare un disegno organico che tenga conto dei bisogni degli operatori e della tutela dei consumatori, pur non tralasciando l'importante gettito fiscale dato dal comparto, che oggi si avvicina all'1% del Pil nazionale. Ma va fatto presto, il punto di non ritorno è sempre più vicino”.

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