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Divieto di pubblicità e giochi: alla fine ci rimette il poker

13 maggio 2019 - 10:05

All'indomani della pubblicazione delle Linee Guida di Agcom sul divieto di pubblicità dei giochi, sembra delinearsi un'autentica beffa per il poker.

Scritto da Ac

 

Ci risiamo. Com'era perfettamente prevedibile, alla luce dell'emanazione delle linee guida dell'Autorità garante delle comunicazioni, chiamata ad interpretare un divieto totale di pubblicità particolarmente ostico dal punto di vista normativo, poiché di difficile attuazione, torna a infiammarsi il dibattito. Andando a riaccendere quell'annosa dicotomia tra chi è favorevole o contrario all'esistenza di un mercato pubblico dei giochi e, quindi, tra liberali e abolizionisti. E ancora una volta, è difficile capire se l'interpretazione fornita della legge (comunque autentica e vigente, provenendo dalla stessa autorità che si deve occupare delle sanzioni), sia da considerare favorevole all'industria, oppure no. Nonostante i numerosi chiarimenti forniti da Agcom, rimangono tanti i dubbi interpretativi da parte delle società di gioco su cosa si può ancora fare, a livello di comunicazione e marketing, ovvero di informazione alla clientela, e cosa no. E tante anche le perplessità. Mentre nel mondo del poker inizia a diffondersi la consapevolezza di una ulteriore beffa, nei confronti di un gioco che più di tutti dovrebbe discostarsi dalla definizione di “azzardo”,  perché contraddistinto, come pochi altri giochi con vincita in denaro, da una spiccata e prevalente componente di abilità, che sembra essere l'unico soggetto al divieto di pubblicità o comunque uno di quelli più esposti alle limitazioni. Per quanto assurdo possa apparire. Ma tant'è.

 

I DIVIETI CONFERMATI DA AGCOM - Sì, perché leggendo tra le righe della delibera di Agcom e delle linee guida che la accompagnano (come stanno facendo da giorni i legali dei principali operatori internazionali) emerge chiaramente come non si potranno più utilizzare “influencer” che promuoveranno prodotti di gioco, facendoci così dimenticare quelle straordinarie campagna pubblicitarie che hanno entusiasmato il mondo del poker, con personaggi come Neymar, Ronaldo o Nadal, mentre continueranno ad essere realizzare e offerte in tutti gli altri mercati del mondo. 
Inoltre, dalle prossime stagioni, non ci saranno più squadre di calcio né di altri sport con le maglie legate a prodotti di gioco. Per un altro fronte vietato (anche) ai brand del poker. Ma non è tutto. Lo stop viene confermato anche per gadget, manifestazioni o eventi che mettono in palio prodotti brandizzati con i principali operatori del gioco pubblico. Altre pratiche molto diffuse nel mondo del poker, soprattutto quello live. Inoltre, tanto per rendere ancora più difficile il futuro del poker, nelle linee guida viene espressamente esclusa anche la possibilità di esentare dal divieto di promozione i casinò, in virtà del proprio status di “luoghi sicuri del gioco” più volte evocato dalle singole entità, ma non riconosciuto dall'Agcom, o comunque non ritenuto valido per ottenere un'esclusione dal divieto di pubblicità. Questo significa che pur potendo continuare a organizzare tornei di poker nelle case da gioco (e ci mancherebbe altro!) sarà veramente difficile poterli pubblicizzare e promuovere. Anzi, sarà proprio vietato fare quelle attività (facendo attenzione alla terminologia che si andrà ad utilizzare, d'ora in avanti): quindi il difficile sarà informare la propria clientela e il pubblico interessato dell'esistenza di un torneo.
 
LE NUOVE POSSIBILITA' - Ed è proprio questo uno dei punti critici delle linee guida che potrebbe avere delle conseguenze, in tutti i sensi. In effetti, nella lunga lista delle esclusioni dal divieto di pubblicità prevista dall'Autorità, emerge come in Tv resterà possibile la televendita di beni e servizi di gioco a pagamento, a condizione che “non abbia finalità prevalentemente promozionale” (e questo, forse, potrebbe essere l'unica possibilità per il poker, con quello che sembra essere il salvataggio dei canali tv relativi al gioco, come ad esempio la nota WingaTV o simili, dove potrebbe ritrovare spazio il poker). Inoltre, sarà ancora possibile, all’inizio o all’intervallo delle partite effettuare “servizi di comparazione di quote o offerte commerciali dei diversi competitors” in quanto per l'Autorità non sono da considerarsi come forme di pubblicità. Resisteranno anche i cosiddetti “spazi quote”, ossia le “rubriche ospitate dai programmi tv o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker, purchè non vi sia alcuna forma di invito al gioco”. In sostanza si potrà “informare” il telespettatore ma senza invogliarlo in alcun modo la gioco: su un risultato la quota è "x" si potrà dire o far scorrere in video, mentre sarà vietato dire o scrivere se punti su una squadra vinci "y". E ancora: non scompariranno da bar e tabacchi i cartelli delle vincite più importanti (scrivere: “vinti qui 10.000 euro" non è pubblicità). Così come non rientrano nel divieto, scrive sempre l’Agcom, le comunicazioni dei punti vendita di gioco e sui siti web degli operatori, “sulle caratteristiche del prodotto e del servizio di gioco offerto”, come “le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti” e “le informazioni rilasciate su richiesta del cliente”. Secondo il garante queste indicazioni sono “funzionali a consentire scelte di gioco consapevoli”. Come pure, ancora, sono esclusi dal divieto i cosiddetti servizi gratuiti di indicizzazione mediante algoritmo forniti direttamente dai motori di ricerca o dai marketplace (Apple Store, Google Play) in grado di consentire all’operatore di gioco di avere un posizionamento migliore nei risultati di ricerca dell’utente, una volta che quest’ultimo abbia già inserito la specifica query relativa al gioco a pagamento nel motore di ricerca o nel marketplace. Nessuna deroga al divieto di pubblicità, invece, per sponsorizzazioni o comunicazioni commerciali del gioco, così come al product placement (la presenza di prodotti di gioco con finalità commerciale in film, serie e programmi tv), oltre, come detto, la distribuzione di gadget brandizzati dei prodotti di gioco, l’organizzazione di eventi con premi costituiti da prodotti brandizzati, le manifestazioni a premio, la pubblicità redazionale e la pubblicità, diretta e indiretta, effettuata dagli “influencer”.
 
LA BEFFA PER IL POKER - Insomma, da una prima lettura delle linee guida di Agcom, sembrano esserci ancora dei piccoli spazi di comunicazione per scommesse, lotterie e altri giochi, ma nessuna (o quasi) per poker. Tenendo conto che tali interpretazioni normative sono state pubblicare dall'Autorità dopo un intenso lavoro di confronto con tutti i soggetti coinvolti nel settore del gioco pubblico, dalle associazioni di categoria , al movimento genitori, dalle federazioni della stampa ai singoli concessionari, si potrebbe quindi concludere che le società di gioco, chiamate a tutelare i propri interessi, abbiano “dimenticato”, o comunque non difeso adeguatamente, il mercato del poker. Almeno, stando ai risultati. Forse anche a causa del peso, via via decrescente in termini di raccolta, del poker, sia in versione live che online, accompagnato anche da un numero sempre più ridotto di operatori che continuano a investire sul suo sviluppo. Ma è comunque un mercato esistente – ci sentiamo di obiettare rispetto a questa implicita considerazione - e ancora più vivo che mai nell'interesse di tanti giocatori: oltre a essere, lo dicevamo prima, uno di quelli che forse si portano dietro meno effetti collaterali dal punto di vista sociale e sanitario e per questa ragione dovrebbe essere preservato, non ostacolato. Soprattutto dall'industria, prima ancora che dalle istituzioni.
Tanto più leggendo che, i principi cui si è ispirata l’Authority, sono stati quelli del “contrasto del gioco illegale” e della “riconoscibilità dell’offerta autorizzata rispetto a quella illegale”, nonché della trasparenza dei servizi offerti “in modo da favorire decisioni consapevoli” e “la protezione rafforzata delle categorie vulnerabili, con particolare riferimento ai minori e ai giocatori patologici”.

IL POSSIBILE CONTENZIOSO - Insomma, dal punto di vista del poker – e, crediamo di poter dire, da quello dei poker player – l'interpretazione fornita del divieto di pubblicità non convince. Ma da quanto possiamo apprendere da voci interne all'industria, non convince neanche i grandi brand del settore, soprattutto quelli dell'online. Tra i quali si ravvisa - come apprende GiocoNewsPoker.it - un'ipotesi di disparità di trattamento rispetto al gioco fisico, visto che gli operatori terrestri avranno fatte salve le insegne, mentre per i siti web, la cui "insegna" è rappresentata dalla promozione del proprio dominio web, non può essere promossa. Al punto da lasciare aperta la porta a un nuovo contenzioso, che potrebbe partire o dall'impugnativa delle stesse Linee Guida di Agcom, ovvero della delibera con cui sono state emanate, o dal ricorso effettuato in seguito alla prima sanzione che verrà erogata dall'Autorità.

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